I criteri del DSM-5 per la diagnosi di ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) sono ampiamente utilizzati per identificare individui con sintomi compatibili con questo disturbo. Tuttavia, sebbene questi criteri siano utili per una diagnosi standardizzata, stanno emergendo critiche che ne evidenziano limiti e potenziali effetti negativi. Ecco una panoramica dei criteri DSM-5, degli strumenti diagnostici associati e delle principali critiche a questo approccio.
Criteri DSM-5 per l’ADHD
Per una diagnosi formale, il DSM-5 richiede:
- Sintomi principali:
- Disattenzione: Almeno sei sintomi (cinque per adolescenti e adulti) tra cui difficoltà a mantenere l’attenzione, non ascoltare, dimenticare attività quotidiane, o perdere oggetti.
- Iperattività e impulsività: Almeno sei sintomi, come agitarsi, interrompere, parlare eccessivamente, o difficoltà a rimanere seduti.
- Durata e contesto: I sintomi devono persistere per almeno sei mesi in due o più contesti (es. casa e scuola).
- Esordio precoce: I sintomi devono manifestarsi prima dei 12 anni.
- Impatto significativo: Devono causare un deterioramento nelle aree sociale, scolastica o lavorativa.
- Esclusione di altre condizioni: I sintomi non devono essere meglio spiegati da altri disturbi.
Strumenti Diagnostici Complementari
Oltre ai criteri del DSM-5, vengono utilizzati:
- Scale di valutazione: Questionari come la scala di Conners o la Vanderbilt, compilati da genitori, insegnanti e individui stessi.
- Test neuropsicologici: Valutano attenzione, memoria e funzioni esecutive (es. Continuous Performance Test – CPT).
- Osservazioni comportamentali: Analisi diretta del comportamento in ambienti naturali.
- Colloqui strutturati: Interviste con il paziente e i familiari per raccogliere un quadro più completo.
Critiche ai Criteri DSM-5 e ai Metodi Diagnostici Attuali
Nonostante la loro diffusione, i criteri del DSM-5 sono stati criticati per le seguenti ragioni:
- Soggettività e variabilità
- I criteri sono vaghi e aperti a interpretazioni diverse da parte dei clinici. Comportamenti come “facilmente distratto” possono essere influenzati da stress, ambiente o cultura.
- Mancata considerazione delle cause sottostanti
- I criteri si concentrano sui sintomi osservabili, trascurando spesso cause come disturbi del sonno, traumi o problematiche sensoriali.
- Ignoranza della neurodiversità
- L’ADHD viene visto come un disturbo, ignorando il movimento della neurodiversità, che lo considera una variazione naturale del funzionamento cerebrale con punti di forza unici.
- Interpretazioni contestuali errate
- Comportamenti come l’iperattività possono essere considerati sintomi solo in ambienti rigidi, mentre sono vantaggiosi in contesti dinamici.
- Stigmatizzazione e etichette fuorvianti
- Una diagnosi basata su criteri limitati può ridurre le aspettative sociali e creare uno stigma che influenza l’autostima.
- Trascurare fattori ambientali
- Aspetti come la nutrizione, il sonno o l’ambiente familiare caotico sono raramente considerati nei criteri tradizionali.
Conseguenze Negative
- Sovra-medicalizzazione
- L’uso eccessivo di farmaci stimolanti può portare a effetti collaterali significativi e ignorare alternative efficaci.
- Approcci limitati
- Gli interventi spesso trascurano approcci olistici, come la neurofeedback o cambiamenti nello stile di vita.
- Diagnosi errate
- Bambini dotati o con sensibilità particolari rischiano di essere mal diagnosticati, perdendo opportunità di sviluppo.
Una Prospettiva Rivoluzionaria
Per migliorare la diagnosi dell’ADHD, è necessario:
- Valutazioni funzionali: Analizzare i punti di forza e le difficoltà in vari contesti.
- Prospettiva neurodiversa: Riconoscere le abilità uniche e non solo i deficit.
- Revisione della salute generale: Valutare sonno, alimentazione e processi sensoriali.
- Strumenti basati sui punti di forza: Identificare preferenze emotive e sensoriali per interventi personalizzati.
Questo approccio mira a supportare l’unicità delle persone con ADHD, promuovendo il loro sviluppo in modo completo e positivo.

